Confraternita del Terz'Ordine Secolare di San Francesco - Assisi

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DISCEPOLI DI EMMAUS


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 L’annunciare il Cristo come vivo e Risorto qui e ora primariamente parte dalla carità di affiancare le persone tristi delle nostre città, e prenderle per mano facendoci compagni di viaggio, e incoraggiarle e annunciare loro il Cristo vivente, per riscoprire con loro come la Parola può ancora riscaldarci il cuore. 

 

Giovanna Silvaggio

PER QUANTO TEMPO GESU’ HA CAMMINATO A FIANCO DEI DISCEPOLI DI EMMAUS PRIMA DI ACCOSTARSI A LORO? (cfr. Lc 24, 13-35)

 

Oggi spesso ci chiediamo: come parlare di Dio alla gente d’oggi, nelle nostre città, negli uffici, nella scuola, o magari anche con i fratelli e sorelle delle nostre comunità parrocchiali.

 

Il testo di Lc 24,13-35 è interessante perché i due discepoli di Emmaus sulla strada del ritorno a casa, che avevano abbandonato G. Cristo, buttando all’aria l’annuncio già ricevuto, offrono un’icona della condizione di molti cristiani d’oggi con cui noi ci troviamo ad operare come evangelizzatori. Spesso nelle nostre città ci troviamo in mezzo a persone che non sono da evangelizzare ma da ri-evangelizzare perché i contenuti teorici della fede fanno già parte del passato della gente, che hanno già ricevuto i Sacramenti e si definiscono veri Cristiani, anche se non partecipano più all’eucaristia domenicale né ad altri sacramenti. Che il Signore c’è e che è Risorto, è una cosa scontata per loro. Ma il più delle volte è la condizione di una fede che è conoscenza, cultura, devozione o usanza, ma, manca qualcosa che riscaldi il loro cuore, come dice Luca, (infatti i due discepoli affermeranno dopo: “ma non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino?”). Se il cuore, nel linguaggio biblico, è il centro della volontà, razionalità e affetto, scaldare il cuore significa che questa esperienza di incontro con Dio porta a pensare, volere e sentire in modo diverso rispetto all’esperienza precedente, cioè c’è la conversione. Spesso siamo tentati di suggerire alla gente di fare un’esperienza forte come toccasana per ogni problema, come la visita ad un Santuario o partecipare a nuovo movimento ecclesiale. Infatti si dice che oggi la gente è in cerca dei segni forti. Ma Gesù quì non fa così; non fa segni miracolosi per farsi riconoscere subito come il Risorto, dando loro uno schoc immediato (eppure tante volte ha forzato la mano). Il fatto che i due discepoli non potevano riconoscerlo, non solo dipende da loro (Lc dice che i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo, quindi c’è un blocco nel loro cuore) ma Gesù stesso non si fa vedere inizialmente, anzi accoglie questo nascondimento e cammina con loro. Quanto tempo Gesù ha camminato a fianco dei discepoli di Emmaus prima di accostarsi a loro dicendo: “che sono questi discorsi che state facendo lungo la strada”? Ha camminato il tempo sufficiente tale da avvicinarsi a loro pian piano, ascoltare i loro discorsi, notare e farsi amico della loro tristezza e avere quel livello di confidenza tale da permettergli di intervenire, senza che alcuno gli dicesse “che vuoi?”. Gesù pur essendo Figlio di Dio, ma vero uomo, non può fare a meno poi dello scatto umano: “stolti e tardi di cuore!”. Magari noi subito ci limitiamo solo a questo, quando perdiamo la pazienza pensando che i nostri fratelli o sorelle non hanno capito niente del messaggio evangelico o non hanno la fede. Eppure Gesù non si limita a questo, né ha voltato le spalle, ma camminando con il loro passo, ricomincia a far riscoprire le Scritture che i due discepoli già conoscevano, con una forma, una passione tale che per loro è nuova. Noi non possiamo inventarci un nuovo Vangelo né possiamo iniziare a smentire subito tutta la fede dei nostri fratelli\sorelle. Gesù non smentisce e non dice loro che non hanno capito niente, ma nel suo rimprovero Egli afferma che ciò che loro sanno sui Profeti, è tutto vero e giusto, ma non ci credono! Cristo poi riparte dalle Scritture, su ciò che si riferisce a Lui, iniziando da Mosè e i Profeti, trasformando però un annuncio impersonale, teorico (che i discepoli di Emmaus riferiscono al passato e con distacco), in un parlare di ciò che si riferisce a Lui. Non basta dire alla gente che il Signore c’è, è Risorto, ma aiutare la gente a farli incontrare con il Signore che c’è, che non è un Uomo lontano, di cui parla la storia, ma è una presenza viva e vicina al nostro fianco, e la Risurrezione non è un fatto che è accaduto ma una realtà del presente (Paolo dice che Cristo risorto dai morti, ora non muore più). Ecco ciò che cambia i due di Emmaus: un’esperienza viva, vera e vicina di Cristo, che innanzitutto si caratterizza come ascolto prima ancora che parlare. Subito dopo non vi è un semplice giudizio o critica; Gesù dice loro “stolti”, ma mentre essi stavano andando via, il Suo annuncio dopo la proclamazione, è tutto volto alla speranza perché li riscalda il cuore dando loro l’entusiasmo, la gioia, apertura e certezza di essere amati, allo spezzare il pane con loro.

 

 Spesso il nostro annuncio è teorico, è perfetto ma non riesce a scaldare il cuore perché è un parlare di Gesù vissuto tanti anni fa e non l’annuncio di una presenza e azione di Dio in Cristo per noi, oggi.

 

  I segni forti, straordinari, i Santuari, i movimenti ecc. sono occasioni di ri-evangelizzazione, però il segno in sé non evangelizza, ma attrae, incuriosisce, suscita domande, crea emozioni forti, ma non bastano. Se non c’è anche un’evangelizzazione che parta da queste occasioni, si creano solo dei tifosi di Lourdes o Fatima ma non dei credenti.

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